Gli aggettivi

Aggettivi: quali sono e che funzioni hanno

L’aggettivo è una parte variabile del discorso, dunque flessibile per genere e numero, associata (prevalentemente) ad un nome o sostantivo, al quale attribuisce una particolare determinazione o qualità. Sulla base di questa distinzione, si distinguono due macrocategorie di aggettivi:

  • Gli aggettivi qualificativi, che indicano la qualità o caratteristica di un sostantivo. Per esempio: bello, interessante, chiaro, rosso. Rientrano in questa categoria anche i cosiddetti aggettivi di relazione, cioè quegli aggettivi che esprimono la loro relazione con il nome a cui si riferiscono. Ne sono un esempio: la luce solare (la luce del sole), un’opera verdiana (un’opera di Verdi), il Cenacolo vinciano (il Cenacolo di Da Vinci).
  • Gli aggettivi determinativi, talvolta anche detti indicativi, che invece determinano in maniera più precisa il sostantivo sulla base di aspetti quali il possesso, la quantità, la definitezza ecc.

A loro volta, gli aggettivi determinativi si distinguono in alcune sotto-categorie:

Possessivi Il mio libro
Dimostrativi Questo libro 
Indefiniti Un libro qualunque
Numerali Tre libri
InterrogativiQuale libro?
EsclamativiChe libro!

Si può fare un’ulteriore distinzione degli aggettivi in base alla loro funzione all’interno della frase:

  • Gli aggettivi attributivi hanno la funzione di attributo e quindi accompagnano il nome (a cui vengono generalmente posposti, seppur con alcune eccezioni). 

Esempio: Niccolò ha una casa grande.

  • Gli aggettivi predicativi sono quelli che fanno parte di un predicato nominale (e vengono quindi spesso usati con verbi come “essere” o “sembrare”). 

Esempio: la casa di Niccolò è grande.

  • Gli aggettivi avverbiali non sono associati ad un nome bensì ad un verbo, di cui modificano il significato. Assumono quindi un valore invariabile, come gli avverbi. 

Esempio: puoi parlare più piano per favore? (à “piano” si riferisce al verbo “parlare”)

  • Gli aggettivi sostantivati (o nominalizzati) sono quegli aggettivi in cui la caratteristica che di solito accompagna il nome ha una funzione autonoma.

Assumono quindi la funzione di sostantivo.

Esempi: 

Il caldo (invece di “le temperature calde”) di oggi è insopportabile. 

Non tutti i ricchi (invece di “le persone ricche”) sono disonesti. 

Il difficile (invece di “la parte difficile”) viene adesso.

Di seguito, si esaminano più nel dettaglio le specificità degli aggettivi qualificativi (con riferimento ad aspetti quali flessione e forme particolari, concordanza con il nome, posizione, gradi, alterazione e forme composte) e successivamente quelle degli aggettivi determinativi e delle loro tipologie.

Gli aggettivi qualificativi

Flessione e forme particolari

Nella tabella, si possono osservare i tre gruppi di desinenze, con le rispettive flessioni di genere e numero, degli aggettivi italiani:

 Maschile singolare Femminile singolareMaschile pluraleFemminile plurale 
1° gruppo-o (alto)-a (alta)-i (alti)-e (alte)
2° gruppo-e (felice)-e (felice)-i (felici)-i (felici)
3° gruppo-a (entusiasta)-a (entusiasta)-i (entusiasti)-e (entusiaste)

Esistono anche alcune forme particolari, con riferimento alle desinenze del plurale (femminile e maschile), così come aggettivi che rimangono invariabili:

Maschile singolareFemminile singolareMaschile pluraleFemminile plurale
-co (antico) (pacifico)-ca (antica) (pacifica)-chi quando l’accento cade sulla penultima sillaba (antichi) -ci quando l’accento cade sulla terzultima sillaba (pacifici)-che (antiche) (pacifiche)
-go (largo)-ga (larga)-ghi (larghi)-ghe (larghe)
-scio (liscio)-scia (liscia)-sci (lisci)-sce (lisce)
-io con “i” accentata (pio)-ia (pia)-ii (pii)-ie (pie)
-io con “i” non accentata  (gaio) (saggio)-ia  (gaia) (saggia)-i  (gai) (saggi)-ie (gaie)  -e per le parole in cia e –gia precedute da consonante (sagge)
Desinenza invariabile  (pari) (rosa) (blu)Desinenza invariabile (pari) (rosa) (blu)Desinenza invariabile (pari) (rosa) (blu)Desinenza invariabile (pari) (rosa) (blu)

L’aggettivo bello merita una menzione particolare. Si comporta secondo le regole dell’articolo determinativo, con più di una forma per il maschile singolare e il maschile plurale.

 Singolare Plurale 
Maschile Bello si usa sia con funzione predicativa (per esempio: il gatto è bello) sia con funzione attributiva. In quest’ultimo caso però, viene usato solo davanti ai nomi che cominciano con z / x / y / gn / ps / s + consonante (bello sport) oppure davanti ai nomi che cominciano con una vocale, ma in questo caso, la “o” cade e viene sostituita da un apostrofo (bell’uomo).  Belli si usa solo con funzione predicativa (per esempio: i quadri sono belli).   Begli si usa solo con funzione attributiva davanti ai nomi che cominciano con z / x / y / gn / ps / s + consonante (begli zaini) oppure davanti ai nomi che cominciano con una vocale (begli alberi).
 Bel si usa (solo con funzione attributiva) prima di tutti gli altri nomi che cominciano per consonante (bel gioco).Bei si usa (solo con funzione attributiva) prima di tutti gli altri nomi che cominciano per consonante (bei gesti).
Femminile Bella si usa sia con funzione predicativa (la spiaggia è bella) sia con funzione attributiva (bella storia). La “a” viene sostituita da un apostrofo davanti ai nomi che cominciano per vocale (bell’aria).Belle si usa sia con funzione predicativa (le ragazze sono belle) sia con funzione attributiva (belle rose). 

Allo stesso modo, l’aggettivo buono segue le regole dell’articolo indeterminativo, con due forme sia per il maschile singolare che per il femminile singolare.

 Singolare Plurale 
Maschile Buon si usa solo con funzione attributiva davanti ai nomi che cominciano con una vocale o con una consonante, eccetto z / x / y / gn / ps / s + consonante (buon anno – buon giorno).   Buono si usa sia con funzione predicativa (il gelato è buono) sia con funzione attributiva, ma solo davanti ai nomi che cominciano con z / x / y / gn / ps / s + consonante (buono studio).Buoni si usa sia con funzione predicativa (i formaggi sono buoni) sia con funzione attributiva (buoni amici).
Femminile Buon’ si usa solo con funzione attributiva davanti ai nomi che cominciano con una vocale (buon’amica).   Buona si usa sia con funzione predicativa (la torta è buona) sia con funzione attributiva davanti ai nomi che cominciano con una consonante (buona domenica).Buone si usa sia con funzione predicativa (le pizze sono buone) sia con funzione attributiva (buone idee).

La concordanza degli aggettivi

L’aggettivo concorda sempre il nome a cui si riferisce. Se il nome è più di uno, i casi sono due:

  • Nel caso di nomi con lo stesso genere, l’aggettivo mantiene quel genere e prende il numero plurale.

Esempi: Maria e la sua amica sono stanche – il libro e l’eserciziario sono costosi.

  • D’altro canto, se i nomi hanno generi differenti, allora gli aggettivi vengono declinati alla forma maschile plurale.

Esempio: Chiara e Luigi sono simpatici.

La posizione 

La posizione dell’aggettivo qualificativo (con funzione attributiva) in italiano non è fissa: l’aggettivo può essere posto sia prima sia dopo il nome a cui si riferisce. A volte, tuttavia, il significato può cambiare in base alla posizione.

In generale, l’aggettivo segue il nome e, per alcune categorie, l’aggettivo viene sempre posto dopo il nome. Per esempio:

  • Nazionalità: una ragazza americana  
  • Colore: un cappello rosso
  • Forma: un tavolo rettangolare 
  • Materia: un terreno argilloso

Anche gli aggettivi alterati o quelli seguiti da un complemento si mettono dopo il nome, ad esempio: un bambino piccolino – una grammatica ricca di esempi.

Talvolta invece l’aggettivo viene messo prima del nome. Ciò viene fatto per esprimere una maggiore soggettività, per dare più enfasi o per ricercatezza stilistica (è tipico infatti della poesia). Gli aggettivi “bello” e “buono” si trovano spesso prima del nome.

Esempi:

Le bionde trecce (in “La canzone del sole” di Lucio Battisti).

La triste storia di Giovanni (esprime un punto di vista soggettivo).

Alcuni aggettivi, per esempio quelli che indicano caratteristiche fisiche come “vecchio”, “grande” e “nuovo” mantengono il loro significato “fisico” quando seguono il nome cui si riferiscono, ma assumono un significato diverso se, al contrario, lo precedono. Di seguito si possono notare esempi di come, a seconda della posizione, l’aggettivo prenda un significato diverso:

  • un vecchio amico è una persona che conosco da molto tempo.
  • un amico vecchio è una persona anziana.
  • un uomo povero vuol dire che non è ricco.
  • un pover’uomo è un uomo meschino o disperato.
  • ci sono diverse persone indica un numero abbastanza alto di persone.§ ci sono persone diverse indica persone di tipologia differente.
  • un grand’uomo indica una persona celebre per le sue opere o abilità. § un uomo grande indica una persona molto alta e robusta. 
  • una semplice domanda indica una sola domanda. 
  • una domanda semplice indica una domanda facile da capire, di bassa difficoltà.
  • il telefono nuovo indica un telefono che non è mai stato usato.
  • il nuovo telefono indica l’ultimo telefono uscito sul mercato.
  • un caro orologio indica un orologio con un alto valore sentimentale. § un orologio caro indica un orologio costoso.

I gradi dell’aggettivo 

La qualità o caratteristica espressa da un aggettivo qualificativo può avere diversi gradi a seconda dell’intensità che si vuole attribuire a tale qualità o caratteristica e al suo confronto con altri elementi. 

Il grado positivo indica la qualità di un nome, senza alcun termine di paragone. 

Esempio: Giulia è simpatica. 

Il grado comparativo stabilisce invece un paragone fra due elementi. Esistono tre tipi di comparativo:

  • Il comparativo di maggioranza, che si forma aggiungendo l’avverbio più all’aggettivo qualificativo seguito da di o che.

Esempio: Giulia è più simpatica di Sara.

  • Il comparativo di minoranza, che si forma aggiungendo l’avverbio meno all’aggettivo qualificativo seguito da di o che.

Esempio: Sara è meno simpatica di Giulia.

  • Il comparativo di uguaglianza, che confronta una o più caratteristiche possedute in egual misura da entrambi i termini della comparazione; il secondo termine di paragone è introdotto da quanto o come, mentre l’aggettivo può essere preceduto da tanto o così (ma non sono obbligatori).

Esempio: il signor Bianchi è (tanto) gentile quanto il signor Verdi.

Attenzione! Per introdurre il secondo termine di paragone nel comparativo di maggioranza e minoranza, si usa di quando il secondo termine di paragone è un nome o pronome o quando è un avverbio.

Esempi: 

Giacomo è più educato di Lisa / di te.

Oggi è più soleggiato di ieri.

Si usa che quando il secondo termine di paragone è retto da una preposizione o quando si paragonano tra loro aggettivi e verbi.

Esempi: 

Di solito viaggio più da solo che in compagnia.

Questo libro è più utile che piacevole. Giocare è più divertente che studiare.

Il grado superlativo esprime l’intensità massima di una qualità o caratteristica in relazione ad altri elementi (superlativo relativo) o in senso assoluto (superlativo assoluto). Si distinguono dunque:

  • Il superlativo relativo che si forma a partire dall’articolo determinativo + gli avverbi più / meno, oppure con l’articolo determinativo + il nome + gli avverbi più / meno.

Esempi: 

Marco è il più intelligente della classe.

Cristina è la meno alta della famiglia.

Oggi è il giorno più bello di sempre.

  • Il superlativo assoluto che si esprime in diversi modi, per esempio aggiungendo il suffisso -issimo (o –errimo per alcune eccezioni) alla radice dell’aggettivo di grado positivo; oppure premettendo all’aggettivo di grado positivo un avverbio che ne rafforza il significato; oppure premettendo all’aggettivo di grado positivo dei prefissi come super-, iper-, ultra-, stra-, sovra-; oppure reiterando l’aggettivo di grado positivo.

Esempi:

Un giorno bellissimo.

Un attore celeberrimo.

Il film è particolarmente avvincente.

Ieri Claudio era strafelice.

Il cucciolo di cane è piccolo piccolo.

Attenzione! Alcuni aggettivi hanno delle forme particolari per formare il comparativo di maggioranza e il superlativo assoluto. Tali forme possono essere usate in alternativa a quelle regolari. Queste sono riassunte nella tabella seguente (la forma regolare è quella tra parentesi):

Grado positivo Comparativo di maggioranzaSuperlativo assoluto
buonomigliore (più buono)ottimo (buonissimo)
cattivo peggiore (più cattivo)pessimo (cattivissimo)
grandemaggiore (più grande)massimo (grandissimo)
piccolominore (più piccolo)minimo (piccolissimo)
altosuperiore (più alto)supremo o sommo (altissimo)
bassoinferiore (più basso)infimo (bassissimo)
internointeriore (più interno)intimo
esternoesteriore (più esterno)estremo

L’alterazione 

Alcuni aggettivi qualificativi ammettono delle forme alterate, che si manifestano con diversi valori: diminutivo, vezzeggiativo, accrescitivo o dispregiativo. Tali forme alterate si ottengono aggiungendo dei suffissi:

  • Per il diminutivo e il vezzeggiativo si posso usare i suffissi -ino, -etto, -ello, -uccio.

Esempi: paffutello, graziosetto, magrolino, caruccio, piccolino/ piccoletto.

  • Per dare un valore accrescitivo si aggiunge il suffisso –one (che però rende l’aggettivo un aggettivo sostantivato).

Esempi: curiosone, grassone, furbone.

  • Il dispregiativo si ottiene mediante i suffissi –astro, -ognolo, -accio, -iccio.

Esempi: biancastro, giallognolo, poveraccio, molliccio. 

Gli aggettivi composti

Gli aggettivi composti sono formati dall’unione di due elementi, talvolta scritti come una parola sola (per esempio: bianconero), talvolta separati da un trattino (per esempio: didattico-educativo). Questi elementi possono essere:

  • Due aggettivi (sordo + muto = sordomuto); quando ci sono aggettivi di tipo geografico o etnico, il primo aggettivo può essere sostituito da una variante più breve (italianoà italo; africanoà afro; ingleseà anglo).
  • Un prefisso + un aggettivo (psico + somatico = psicosomatico).
  • Un sostantivo o prefisso + un suffisso (petrolio + fero = petrolifero, germano + fono = germanofono).

Gli aggettivi composti si comportano come se fossero un’unica parola, pertanto formano il femminile e il plurale cambiando soltanto la desinenza del secondo elemento.

Gli aggettivi determinativi

Gli aggettivi possessivi

Gli aggettivi possessivi indicano l’appartenenza o il possessore del sostantivo a cui si riferiscono.  Come gli altri aggettivi, anche questi variano in base a genere e numero del nome che accompagnano. Di seguito la tabella con gli aggettivi possessivi riferiti a ogni persona:

 Singolare  Plurale  
Persona Maschile Femminile Maschile Femminile 
1a sing. (io)miomiamieimie
2a sing. (tu)tuotuatuoitue
3a sing. (lui/lei)suosuasuoisue
1a plur. (noi)nostronostranostrinostre
2a plur. (voi)vostrovostravostrivostre
3a plur. (loro)loroloroloroloro

L’aggettivo possessivo normalmente precede il nome a cui si riferisce. Un’eccezione è con la parola “casa”, a cui l’aggettivo possessivo fa spesso seguito: casa mia, casa tua, casa nostra ecc.

I possessivi inoltre sono accompagnati dall’articolo determinativo in quasi tutti i casi. Fanno eccezioni i nomi che si riferiscono alla sfera familiare. In particolare, non si mette l’articolo con i nomi di famiglia al singolare (tranne se i nomi sono alterati o accompagnati da una specificazione).

Per esempio: mia madre, tuo fratello, nostro zio, vostra cugina.

Ma: la mia sorellina, il suo caro papà, il nostro adorabile nonno.

Attenzione! L’aggettivo “loro” fa eccezione a quanto detto sopra, perciò è necessario usare l’articolo anche con i nomi di famiglia al singolare: il loro suocero, la loro cognata, la loro mamma.

Gli aggettivi dimostrativi

Gli aggettivi dimostrativi indicano la posizione di un elemento nello spazio e nel tempo rispetto a chi parla (e chi ascolta). Concordano, come sempre, con il nome a cui si riferiscono per genere e numero e precedono sempre il nome. Di seguito la tabella con gli aggettivi dimostrativi in italiano:  

Maschile singolareQuesto Quel/ quello*Codesto 
Femminile singolareQuesta Quella Codesta 
Maschile pluraleQuesti Quei/ quegli*Codesti 
Femminile pluraleQueste Quelle Codeste 

* Attenzione!

Si usano quello (al singolare) e quegli (al plurale) davanti ai nomi che iniziano con una vocale (in quest’ultimo caso, “quello” perde la “o” che viene sostituita da un apostrofo) e con z / x / y / gn / ps / s + consonante. Per esempio: quell’elefante, quello zaino, quegli spazi.

Si usano quel (al singolare) e quei (al plurale) davanti ai nomi che iniziano con tutte le altre consonanti. Per esempio: quel computer, quei giornali.

Uso degli aggettivi dimostrativi:

  • Questo si usa per indicare qualcosa vicino a chi parla (questo libro qua, queste carte).
  • Quello si usa per indicare qualcosa lontano da chi parla (quella strada in fondo, quell’edificio là dietro).
  • Codesto è oggigiorno caduto in disuso (e viene sostituito da “questo”), pertanto lo si trova e lo si usa raramente. Indica qualcosa vicino a chi parla e lontano da chi ascolta. 

Rientrano nella categoria degli aggettivi dimostrativi anche stesso e medesimo, quando sono utilizzati in senso identificativo (vale a dire per indicare l’identità tra due o più elementi o in un solo elemento ma in diversi lassi temporali). 

Esempi: 

Faccio lo stesso lavoro da dieci anni.

Luca legge sempre gli stessi libri.

Melissa mangia le stesse cose tutti i giorni.

Tu ed io abbiamo gli stessi gusti.

Infine, funge da aggettivo dimostrativo anche tale (plurale: tali) quando è sinonimo di “quello”: tale situazione, tale argomento, tali problemi

Gli aggettivi numerali

Questi aggettivi indicano una quantità numerica precisa, riferita al nome che accompagnano. Si distinguono tre macro-categorie:

  • Aggettivi numerali cardinali: corrispondono alla serie dei numeri. Sono invariabili, a eccezione di “uno”, che possiede anche il femminile e che si comporta esattamente come l’articolo indeterminativo.

Esempi: un amico, una domanda, un’amaca, tre persone, dieci pagine, trenta capitoli.

  • Aggettivi numerali ordinali: indicano la posizione dell’elemento in una serie ordinata e sono variabili per genere e numero. Per scrivere un numero ordinale in cifre e non in lettere, si usa di norma la cifra del numero cardinale più il simbolo del cerchietto (°) per il maschile, mentre si usa una “a” (ª) per il femminile.  I primi dieci hanno una forma propria: primo, secondo, terzo, quarto, quinto, sesto, settimo, ottavo, nono, decimo. Dall’undicesimo in poi, invece, viene aggiunto il suffisso -esimo all’aggettivo numerale cardinale senza la vocale finale.  Gli aggettivi numerali ordinali vengono normalmente messi prima del nome, tranne che con i nomi di re, principi e pontefici: Carlo quinto, Benedetto sedicesimo, Alberto primo. Possono inoltre essere rappresentati dai numeri romani, soprattutto quando si tratta di secoli, papi o sovrani (Carlo V, Benedetto XVI, Alberto I). Attenzione! Sono considerati numeri ordinali anche ultimo, penultimo, terzultimo ecc.

Esempi: la prima storia, il secondo turno, la sesta volta, la nona sinfonia, l’undicesimo piano, il XXI secolo.

  • Aggettivi numerali moltiplicativi: indicano di quante volte una quantità è maggiore rispetto a un’altra. Sono anch’essi variabili per genere e numero. I più comuni sono: doppio, triplo, quadruplo, quintuplo.

Dopo “quintuplo” generalmente si preferisce ricorrere ad espressioni alternative o perifrasi come “sei volte maggiore”, “dieci volte tanto”. Vengono spesso usati in forma sostantivata.

Esempi: 

Parcheggiare in doppia fila.

Fare i tripli salti mortali.

Il tuo appartamento è sette volte più grande del mio.

Questo prodotto costa il quadruplo.

Infine, troviamo tra gli aggettivi numerali anche gli aggettivi frazionari, che indicano una o più parti di un tutto: due terzi, tre quarti, un sesto

Sono formati da un aggettivo numerale cardinale, che esprime la parte, e da un aggettivo numerale ordinale, che esprime il tutto. Rientra in questo gruppo anche l’aggettivo “mezzo”. Esempi: 

Tre quarti della classe.

Mezzo litro d’acqua.

Gli aggettivi indefiniti

Questa categoria raggruppa tutti quegli aggettivi usati per indicare una quantità indefinita, non precisata, riferita al nome che accompagnano. Alcuni hanno forma invariabile, altri variabile. Si distinguono diverse sotto-categorie:

Forma invariabile

Questi aggettivi indefiniti hanno una sola forma invariabile usata con i nomi al singolare. Si tratta di: ogni, qualche, qualsiasi, qualunque, qualsivoglia, altrui (generalmente posposto al nome).

Esempi: in qualunque momento, per qualsiasi motivo, ogni giorno, qualsivoglia opinione, qualche ragazzo, la vita altrui.

Forma variabile per genere e numero 

Questi aggettivi indefiniti vengono declinati al maschile e al femminile, al singolare e al plurale. Si tratta di: molto, poco, tanto, troppo, altro, parecchio, tutto, certo, tale.

Esempi:

C’è parecchia neve in montagna.

Avrei molte idee a riguardo.

Ho troppe cose da fare.

Oggi ho poco lavoro.

Ci vediamo un’altra volta.

Abbiamo vissuto tante avventure insieme.

In certi momenti è difficile prendere una decisione.

Tale viene considerato come aggettivo indefinito quando ha il significato di “certo, qualche”. Per esempio: c’è una tale tensione tra di loro.

Certo ha valore di aggettivo indefinito solo se usato prima del nome; se usato dopo il nome significa “sicuro”. Può avere anche un significato allusivo, eufemistico o dispregiativo (per esempio: ho saputo certe cose su di lui!). Viene spesso usato insieme all’articolo indeterminativo per rafforzarne il valore indefinito (per esempio: ha chiamato una certa Luisa stamattina).

Altro può avere varie sfumature di significato: indica, per esempio, una differenza (Mario si è trasferito in un’altra città), un periodo di tempo passato (l’altro giorno sono andato allo zoo), una novità qualitativa, come sinonimo di “nuovo” (sei diventata un’altra persona), un’aggiunta o ripetizione (ripeti la domanda un’altra volta, per favore).

Forma variabile per genere

Questi aggettivi indefiniti vengono usati solo al singolare e vengono declinati al maschile e al femminile seguendo le stesse regole dell’articolo indeterminativo. Si tratta di: ciascuno, alcuno, nessuno

Davanti a nomi maschili che iniziano per vocale o consonante (eccetto z / x / y / gn / ps / s + consonante).Ciascun (ciascun albero) (ciascun fiore)Nessun (nessun albero) (nessun fiore)Alcun (alcun albero) (alcun fiore)
Davanti a nomi maschili che iniziano con z / x / y / gn / ps / s + consonante.Ciascuno (ciascuno zio)Nessuno (nessuno zio)Alcuno (alcuno zio)
Davanti a nomi femminili che iniziano per consonante.Ciascuna (ciascuna donna)Nessuna (nessuna donna)Alcuna (alcuna donna)
Davanti a nomi femminili che iniziano per vocale.Ciascun’ (ciascun’idea)Nessun’ (nessun’idea)Alcun’ (alcun’idea)

Esempi: 

Non c’è alcuna ragione per cui tu non possa farcela.

Nessuno studente ha saputo rispondere alla domanda.

Ciascun testimone verrà interrogato.

Ciascuno ha lo stesso significato di “ogni”. Alcuno e nessuno hanno lo stesso significato e sono intercambiabili. 

Attenzione! Alcuno e alcuna hanno anche la forma plurale, ma il significato cambia. Alcuni e alcune infatti sono sinonimi di “qualche” e vengono usati solo con i nomi al plurale. Equivalgono all’articolo partitivo.

Esempi: 

Ho alcune notizie per te. à Ho delle notizie per te. à Ho qualche notizia per te.

Alcuni amici mi hanno fatto una sorpresa. à Degli amici mi hanno fatto una sorpresa. à Qualche amico mi ha fatto una sorpresa. 

È possibile fare un’ulteriore distinzione degli aggettivi indefiniti in:

  • Aggettivi indefiniti che indicano una singola quantità: poco tempo, troppi pensieri, parecchi ristoranti ecc.
  • Aggettivi indefiniti che indicano una parte di un tutto: qualche biscotto, certe voci, alcuni amici ecc.
  • Aggettivi indefiniti che indicano il tutto, la totalità: tutto il mondo, ogni donna, ciascun animale ecc.

Gli aggettivi interrogativi ed esclamativi

Gli aggettivi interrogativi vengono usati in accompagnamento ad un nome per fare una domanda (diretta o indiretta) circa la qualità, quantità o identità del nome a cui si riferiscono.

Gli aggettivi esclamativi vengono usati in accompagnamento ad un nome per fare un’esclamazione (di sorpresa, incredulità o meraviglia) circa la qualità, quantità o identità del nome a cui si riferiscono.

Si possono individuare tre aggettivi, che vengono usati sia in qualità di esclamativi che in qualità di interrogativi, a seconda che si stia facendo una domanda o un’esclamazione:

Maschile singolareFemminile singolareMaschile pluraleFemminile plurale
CheCheCheChe
QualeQualeQualiQuali
QuantoQuantaQuantiQuante

Che è invariabile e viene utilizzato per fare domande ed esclamazioni sull’identità del nome a cui si riferisce. 

Quale varia solo per numero ed è utilizzato per fare domande ed esclamazioni sulla qualità del nome a cui si riferisce. 

Quanto, variabile sia per genere che per numero, è utilizzato per fare domande ed esclamazioni sulla quantità del nome a cui si riferisce. 

Forma interrogativa

Gli aggettivi che, quale e quanto possono essere utilizzati sia in domande dirette (che terminano con il punto interrogativo “?” o, nel parlato, con un’intonazione interrogativa) sia in domande indirette (vale a dire sotto forma di affermazione, come subordinate). Le domande indirette sono tendenzialmente più cortesi e formali di quelle dirette.

Esempi di aggettivi interrogativi in domande dirette:

Che ore sono?

Quale piatto preferisci?

Quanta pasta hai mangiato?

Esempi di aggettivi interrogativi in domande indirette:

Vorrei sapere che ore sono, per favore.

Dimmi quale piatto preferisci.

Sono curioso di sapere quanta pasta hai mangiato.

Forma esclamativa

In forma esclamativa, che, quale e quanto sono collocati in frasi che terminano generalmente con il punto esclamativo “!” nello scritto e che vengono rese con maggiore enfasi della voce nel parlato.

Esempi:

Quanta strada abbiamo fatto!

Che storia interessante!

Quale onore incontrarLa!

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